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La Rupe del Pescale e la sua storia millenaria.

La Rupe del Pescale, situata alla confluenza del rio Pescarolo con il fiume Secchia, costituisce un vero e proprio sbarramento naturale all’alveo del fiume. Le sue pareti, costituite da strati di arenarie e cemento calcareo, originatesi dal fondale marino nel periodo Miocenico (tra i 17 e i 14 milioni di anni fa) poi sollevatesi e in parte erosi dalle acque fluviali, sono a strapiombo per un’altezza di 30 metri, mentre la sommità, posta a una quota di circa 200 metri s.l.m., presenta una superficie terrazzata estesa per circa mezzo ettaro. Questo vasto pianoro, difendibile naturalmente grazie alle pareti a picco e in grado di garantire il controllo delle valli circostanti, si presentava come luogo privilegiato per l’insediamento umano fin dalla più remota antichità.
La presenza dell’uomo sulla rupe, infatti, è testimoniata dai ritrovamenti archeologici, seppure con discontinuità, dal Paleolitico Superiore (circa 35.000 anni fa) fino all’Età del Bronzo recente (XII secolo a.C.). La maggior parte dei reperti recuperati risalgono al Neolitico (5.600 – 3.500 a.C.), quando sul pianoro è documentata la presenza di una comunità stanziale di contadini-allevatori che, sfruttando la naturale posizione strategica della rupe, aveva accesso anche alle fonti di approvvigionamento di importanti risorse e materie prime, in particolare le cave di selce. Questi contadini-allevatori vivevano in case costruite con materiali deperibili: pavimento di argilla battuta, alzato in legno, frasche e canne compattato con argilla e, infine, una copertura ottenuta probabilmente con gli stessi materiali.

L’importante acquisizione tecnologica della lavorazione della ceramica, uno dei tratti peculiari del neolitico, si traduce nella produzione di vasellame per la conservazione, per la cottura e per il consumo dei cibi. Durante l’Età del Rame, la rupe è occupata in modo stagionale o episodico, forse a causa della perdita di importanza dei percorsi vallivi e dei traffici commerciali a essi collegati.

Ancora minori sono le testimonianze della presenza dell’uomo durante la media e recente Età del Bronzo, ma non è escluso che anche l’erosione abbia contribuito a disperdere le tracce di questa epoca. Comunque, nei suoi 35.000 anni di storia, la Rupe del Pescale è stata utilizzata come arroccamento, emporio, avamposto o luogo frequentato solo sporadicamente, seguendo le condizioni economiche e sociali del territorio.

Se oggi conosciamo così bene la storia abitativa del pianoro del Pescale, lo dobbiamo al paleontologo e naturalista Ferdinando Malavolti (1913-1954), tra i principali fautori del rinnovato interesse per la preistoria manifestatosi negli anni trenta e quaranta del Novecento. Dalle sue compagne di scavo (1937-1939 e 1940-1942) emersero importanti testimonianze raccolte e conservate presso il Museo Civico Archeologico ed Etnologico di Modena, contribuendo alla formazione di una delle raccolte archeologiche, relative al neolitico, tra le più ricche dell’Italia settentrionale.

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Tratto da “CanalediSecchia”